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Trattato di Musica

Ultimo Aggiornamento: 29/03/2010 17:11
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29/03/2010 17:11

Musica e strumenti musicali
LA SIMBOLOGIA DEGLI STRUMENTI MUSICALI




L'origine degli strumenti musicali sembra collegata, più che a una consapevole ricerca di mezzi in grado di accompagnare il canto o di riprodurre la vocalità umana, alla scoperta dei suoni prodotti dal corpo umano in movimento: il suono di oggetti sospesi al corpo e scossi ritmicamente, la percussione dei piedi sul terreno o delle mani che battono l'una contro l'altra o contro il petto o i fianchi ecc. Ugualmente importante fu la scoperta, in natura, di oggetti già in grado di produrre suoni: conchiglie, canne, corni, tronchi cavi, la pelle di un animale essiccata e tesa su un recipiente. Per i significati simbolici e comunicativi di cui lo strumento musicale è veicolo o ricettacolo, la sua costruzione appare, sin dalle origini, come un'operazione straordinaria. Sono noti, a questo proposito, i complessi rituali e i miti che accompagnano la produzione di strumenti musicali in tutte le culture, non solo quelle antiche e primitive.
Tutti i valori primari come amore, fertilità, nascita, morte, vita ultraterrena, sono richiamati con figure sintetico-simboliche nell'iconografia di tutti i tempi. L'allegoria si completa o si realizza autonomamente anche attraverso strumenti musicali che per origine, tipologia o forma, divengono intenzionalmente latori di un codice secondario, che non si identifica con quello immanente, ma a questo si sovrappone.
Fin dalla preistoria si faceva musica associandola a riti magici e sacrali. E' documentato, ad esempio, il significato fallico del flauto, prescritto nelle cerimonie del tempo collegandolo ad un'idea di fertilità e rinascita, così come un tempo si trovava associata la tromba ai riti funebri e del tramonto. Agli aerofoni di conchiglia, per la loro origine acquatica, veniva attribuito il potere di agire sulle acque, sulla luna, sulle maree, sul ciclo femminile.
L'origine mitologica degli strumenti è stata poi addirittura considerata nelle storie della musica pubblicate fino ai giorni nostri.
Ampiamente descritta risulta la natura dionisiaca degli strumenti a fiato e quella apollinea degli strumenti a corda. Jubal, discendente di Caino, viene ricordato come il "padre di tutti coloro che suonano l'arpa e l'organo". La lira si attribuiva a Mercurio, il flauto a Pan.
Tutt'oggi presso varie culture primitive, si fa musica non come attività prevalentemente estetica, ma quale complemento e mezzo evocativo per le funzioni magiche e rituali.






L'EVOLUZIONE DELLA MUSICA cenni storici e tecnici
.

Anche la musica attuale, come quella antica, è in parte musica di "vita", da suonare per accompagnare un lavoro, una battaglia, un banchetto, una festa o una celebrazione. Musica, insomma, che ha una funzione pratica più esterna. Questa musica viene spesso improvvisata o composta per delle occasioni particolari. Anticamente non aveva quindi bisogno di essere scritta e tramandata ai posteri, essendo destinata a essere eseguita una sola volta. Per questo della musica si hanno pochi documenti scritti. Così non è per la musica sacra che doveva resistere a lungo nel tempo, poiché le varie cerimonie religiose dovevano resistere a lungo perché erano ripetute nel tempo. Anche la musica sacra ha uno scopo: quella di arricchire la preghiera e dargli più importanza. Intorno al IV secolo si diffusero altri tipi di musica religiosa tra i quali "l'inno" che data la sua facilità melodica si diffusero facilmente. Intanto in occidente si erano sviluppate tradizioni liturgiche locali, e anche il canto religioso si era sviluppato, ma con diverse caratteristiche in base alla regione. Dall'evoluzione del canto religioso romano nacque il canto gregoriano che prese il nome proprio da Gregorio Magno. In questo periodo nacque la notazione neumatica che permise di ricordare con più precisione le melodie. Il canto gregoriano era basato su un testo latino ed era monodico ( cioè tutti i cantori cantavano la stessa melodia). A volte la melodia era semplice e il canto poteva sembrare una recitazione intonata, a volte poteva essere ricco di fioriture e note. Il canto gregoriano era usato per le cerimonie religiose. C'erano i canti d'ufficio, che venivano recitati dai religiosi in vari momenti della giornata, e i canti usati per le messe.



LA POLIFONIA


Fino al IX, X secolo le melodie gregoriane e le musiche profane erano sempre rimaste rigorosamente "monodiche", ovvero espresse da un'unica linea melodica, ma ben presto si sentì l'esigenza di arricchire e completare quest'ultima tentando nuove combinazioni.

I primi esperimenti di polifonia (da poli = tanti e fonia = suoni) risalgono al X secolo quando per la prima volta, si tentò di sovrapporre due melodie diverse eseguite contemporaneamente da altrettante voci o gruppi di voci.
Nelle primissime forme polifoniche religiose, Organum e Discantus, la voce principale, o "canto fermo", sempre tratta da un canto liturgico gregoriano e prendeva il nome di "tenor" o "vox principalis"; a essa si sovrapponeva una "vox organalis", ovvero una melodia di nuova invenzione. Nell'Organum (plurale Organa) le due voci, organalis e principalis, cominciavano e finivano all'unisono, allontanandosi di poco fra loro e senza oltrepassare l'intervallo di quinta.

Quando, in seguito si provò a far muovere le due voci per "moto contrario", (una saliva e l'altra scendeva), nacque la nuova forma che si chiamò discantus.

Nei primi Organa e nei primi Discanti il rimo era libero fino a quando, con l'introduzione del "mensuralismo" (durata delle note) la polifonia si avviò a divenire più variata ritmicamente e più complessa, assumendo anche il nome di contrappunto, dal latino "punctum contra punctum, ossia nota contro nota.


LA MUSICA SCRITTA


La prima scrittura musicale prendeva il nome di chironomica, poteva essere utile a chi conosceva già i brani musicali, ma non serviva a insegnarli, perché si limitava a suggerire gli accenti della voce. In seguito, la scrittura neumatica cominciò a indicare i rapporti ascendenti e discendenti in gruppi di due o tre note; infine la scrittura quadrata unificò le diverse scritture (ben quindici) diffusesi nei territori a noi conosciuti, e quella diastematica introdusse il concetto di altezza con due linee, una per il Fa e una per il Do.
Il monaco Guido d'Arezzo può essere definito il fondatore della moderna notazione musicale. A lui spetta il merito di aver definito un insieme di quattro linee, chiamato tetragramma (dal greco tetra: "quattro", gramma: "segni, linee") e di aver fissato i nomi di 6 suoni con le sillabe UT RÈ MI FA SOL LA.

L’origine dei nomi delle note musicali:

C’era un canto molto diffuso a causa della sua bellezza d’intonazione. Esso era formato da sette versetti, che iniziavano ciascuno con un’estensione differente, leggermente più acuta rispetto al precedente.
Il canto era stato composto nell'VIII secolo da Paolo Diacono: Inno a San Giovanni:

Ut queant laxis

Resonare fibris

Mira gestorum

Famuli tuorum

Solve poluti

Labii reatum

Sancte Joannes.

Traduzione

Affinché i servi
Possano cantare a corde distese
Le meraviglie
Delle tue gesta
Sciogli il difetto
Del labbro debole
San Giovanni

Quando si doveva ottenere un determinato suono, era sufficiente citare l’inizio del versetto con l’intonazione desiderata e i cantori intonavano il suono richiesto, quindi:

UT RE MI FA SOL LA








Il disegno rappresenta il metodo elaborato dal monaco per memorizzare i canti



Il Mottetto


E' formato da tre voci, una grave detta "tenor", che costituisce il canto fermo o canto dato, preso di solito dal repertorio gregoriano, e due delle parti superiori, dette "mottetus" o "duplum" e "triplum". Le due voci aggiunte cantavano un testo profano.




Il Conductus


E' simile al Mottetto ma se ne differenzia in quanto tutte le voci, due o tre, erano d'invenzione del compositore: manca quindi il canto fermo gregoriano.




Il Rondellus


E' anch'esso a due o tre voci, preannuncia la forma a canone poiche è costituito da un'unica formula melodica che passava in tutte le voci rincorrendosi a "cerchio". E' proprio da questo andamento circolare che deriva il termine "Rondellus", detto anche "Rota".



IL CANTO DEI TROVATORI


Recentemente la musica profana ha preso ad arricchirsi, soprattutto nella Gallia, con dei poeti-musicisti che scrivono poesie che in seguito cantano con delle melodie composte sempre da loro. Questi musicisti sovente, sono nobili, feudatari, cavalieri e dame che non fanno il musicista di mestiere ma si dilettano a comporre raffinate musiche da cantare ad esempio ad una festa. A seconda della zona in cui vivono essi sono chiamati trovatori o trovieri. Gli argomenti trattati dai trovatori e dai trovieri sono vari, ma spesso trattano argomenti di carattere amoroso.




La musica profana nei castelli


Due linque di derivazione latina si svilupparono in Gallia: la lingua d'oc (nel sud) e la lingua d'Oil (al nord).
La lingua d'Oc è quella che viene spesso adottata per la musica e la poesia.
Essa si sta diffondendo in tutto il territorio per mezzo dei trovatori, autori ed esecutori di canzoni ispirate agli ideali cavallereschi e incentrate sull'amore verso la donna.
Fra i trovatori più famosi, citiamo Jaufré Rudel e soprattutto Bernard de Ventadour (o Ventadom).
La musica dei trovatori e dei trovieri è monodica, per poter essere eseguita facilmente con gli strumenti; le principali forme compositive sono: la Canzone, la Ballata e il Sirventese


CANZONE



Genere poetico considerato il più alto della lirica, e quindi destinato a soggetti amorosi, politici, morali e anche religiosi. Secondo il modello trobadorico, esso è costituito da più stanze (o strofe, o coblas) uguali, normalmente suddivise in due parti: la "fronte" (talvolta anch'essa suddivisa in "piedi") e la "sirma" o "sirima" (talvolta suddivisa in "volte"). Fronte e sirma sono collegate da una "concatenatio" (o "diesis"). Nessuna rima dei piedi della fronte possono rimanere senza corrispondenza, per cui al massimo deve trovare la sua corrispettiva nell'altro piede. Alla fine della sirma in genere si trova una "combinatio", cioè un distico finale a rima baciata.
Spesso la canzone termina con un congedo, col quale il poeta "invia" il componimento al destinatario; i congedi possono essere anche più d'uno.

Le strofe (o coblas) possono essere collegate tra loro in maniere diverse, dando origine a strofe con nomi diversi (tutte di ascendenza trobadorica):

coblas capfinidas: un concetto o una parola dell'ultimo verso di una strofa è ripreso nel primo verso della strofa successiva.
coblas capcaudadas: l'ultimo verso di una strofa rima col primo verso della strofa seguente.
coblas capdenals: tutte le strofe iniziano con la stessa parola (in retorica, questo fenomeno si chiama anfora).




LA BALLATA

La ballata, chiamata anche canzone a ballo perché destinata al canto e alla danza, è un componimento poetico che si trova in tutte le letterature romanze e ha una particolare struttura metrica.
È composta da una o più strofe, chiamate stanze, e da un ritornello, detto ripresa, che veniva cantato all'inizio della ballata e ripetuto dopo ogni stanza.
La stanza della ballata comprende due parti.
La prima parte è divisa in due piedi o mutazioni con un numero di versi uguali e uguale tipo di rima.
La seconda parte, chiamata volta, ha una struttura metrica uguale a quella della ripresa.

Gli endecasillabi misti a settenari sono i versi maggiormente usati nella ballata e le rime possono essere disposte in modo differente con la regola che l'ultimo verso della volta faccia rima con l'ultimo verso della ripresa.

La ballata viene chiamata grande se la ripresa è formata da quattro versi, mezzana se ha tre versi, minore se ne ha due, piccola se la ripresa è costituita da un verso endecasillabo, minima se è costituita da un verso quinario o settenario o ottonario.
La ballata può anche essere chiamata extravagante quando la ripresa è costituita da più di quattro versi.




SERVENTESE


Serventese: Componimento di natura metrica e argomento vari, di tono soprattutto narrativo e didascalico, Nonostante il nome, questo tipo di componimento non ha legami con il sirventes trobadorico. Esistono vari tipi di serventese:

serventese incrociato: composto da endecasillabi a rima incrociata (ABAB, CDCD, ...).
serventese duato: composto da distici di endecasillabi a rima baciata (AA, BB, CC, ...).
serventese ritornellato: composto da 6 endecasillabi secondo lo schema: ABABCC, DEDEFF, ...).




Trovatori e trovieri li troviamo in molte terre tuttora, ove spesso vengono chiamati in modo differente:Minnesanger (letteralmente "cantori lirici"); diverso è il caso dei menestrelli, che erano solo esecutori delle canzoni e contribuirono moltissimo a diffondere queste forme musicali nelle corti.




La musica profana nei borghi e nelle campagne


Lontana dai virtuosismi polifonici, la musica popolare è spesso, semplice, orecchiabile e ripetitiva, adatta a danze "alte", cioè danze con molti saltelli, o a danze in tondo, dette danze "a catena". Di essa, purtroppo, abbiamo pochissime trascrizioni originali: la nostra conoscenza si limita a quel che ci è giunto attraverso melodie tramandate oralmente.
I diffusori di queste musiche, generalmente allegre e adatte alla danza, sono musicisti girovaghi, cantastorie (detti "cantimbanchi"), acrobati e giocolieri (detti "saltimbanchi"), giullari e menestrelli.
Alcuni cantano soltanto, altri si accompagnano con il tamburo (i cantastorie), o con la viella (i giullari e i menestrelli).
Accanto a questi, , troviamo dei particolari musicisti girovaghi: dei giovani di varia nazionalità che, abbandonati agli studi religiosi e monastici, viaggiano spensierati diffondendo quei "canti goliardici"

La lingua letteraria dei trovatori nasce nel limosino. Centro culturale del limosino è l’abbazia di San Marziale dove le canzoni latine gettano le basi della lirica cortese volgare. Particolarità metrica della poesia provenzale, riguarda la conclusione della canzone con una o due strofe brevi che contengono la struttura metrica e rimica della strofa precedente. La strofa breve è detta fenida, poi represa, ed infine tornada.


Uno dei primi trovatori


Si può considerare Guglielmo d'Aquitania.
E' duca nel territorio che ha visto nascere la poesia provenzale. Guglielmo intrattiene gli amici con aneddoti comici e poesie dalle varie tematiche raggiungendo anche un pubblico di intenditori. Egli individua due concezioni dell’amore: il “cavallo selvaggio” (amore cortese) e il “cavallo domestico” (amore comune).
Della persona amata non è quasi detto nulla se non che si nasconde dietro ad uno pseudonimo (senhal) talvolta maschile (es. Buon Vincino).
Prima di stipulare il “patto amoroso” l’amante vive un’inferiorità psicologica che lo rende inquieto ed insicuro. Alla donna si attribuiscono a volte poteri sovrannaturali. Ricorrenti sono le metafore feudali e il rapporto di vassallaggio che lega l’amante alla donna.
L’amore rende cortese, ma solo chi è cortese può amare. L’adulterio sembra, dunque, educare alla cortesia così come la rinuncia al godimento.

Guglielmo d’Aquitania evita le rime femminili e padroneggia varie ed originali sequenze rimiche: nuove rime di strofa in strofa (coblas singulars), stessa struttura rimica tra due strofe (coblas doblas) o tre (coblas ternas), stesse rime per tutta la canzone (coblas
unissonanz).
Inoltre usa divisioni interne alla stessa strofa, “strofa di canzone”, ossia la suddivisione della stanza in “fronte”, composta di due piedi metricamente uguali, e in “coda” dalla struttura rimica diversa. Guglielmo usa la strofa di canzone solo nella “canzone di pentimento”.
Guglielmo abbandona i versi lunghi e rifiuta i ritornelli, aprendo così la strada alla lirica successiva.
L’arte del trobar non è solo arte poetica, ma anche di composizione musicale. Solo la melodia della canzone di pentimento ci è pervenuta da Guglielmo. Ciò è dovuto alla difficoltà della trascrizione musicale (all’epoca si scriveva musica sul tetragramma e non sul pentagramma).
Inoltre i trovatori non sempre impiegano per la melodia lo stesso sforzo della poesia, anche per incoerenza tra struttura rimica della poesia con la struttura melodica. Così la musica è autonoma dal testo. Alcune melodie sono usate anche per altri testi (contraffazione).
La strofa di canzone si afferma soprattuto con trovatori girovaghi, quali Jaufre Rudel e Marcabru, quest’ultimo noto per l’uso delle rime rare, inizio del trobar clus. Marcabru, a differenza di Guglielmo, inserisce nella tornada la struttura metrica dei versi.
Le strofe sono collegate con le stesse rime dei versi finali o dei versi iniziali (coblas capcaudadas) o riprendendo l’ultima parola dalla strofa precedente (coblas capfinidas) o invertendo le rime (coblas retrogradadas). Peire Vidal e Arnaut Daniel hanno inventato complicate forme di intreccio di rime.
Sono ricorrenti i prestiti di strutture rimiche e allusioni ad altre canzoni.



Brevi saggi




"JOGLAR" DI GUASCOGNA



Marcabru, " joglar " di Guascogna. In uno stile spontaneo e naturale, " trobar naturau ", si permette ogni eccesso di linguaggio e apostrofa con piglio brusco il suo pubblico. Marcabru è soprattutto il poeta del " trobar clus " (un poetare " chiuso ", la cui comprensione è riservata a pochi). Coltiva l’arte della parola in libertà , contro l’ordine stabilito e contro ogni retorica bugiarda.



SEN DE FEMNA RENHA


Qui per sen de femna renha
dretz es que mal li-avenha
si com la letra- ns ensenha
escoutatz !
malaventura-us en venha
si totz no vos en gardatz !



Chi per senno di donna si governa
giusto è che mal gliene incolga
come la Scrittura c’insegna
Ascoltate!
Sventura vi colga
Se non ve ne guardate!



Bernart de Ventadorn Limosino, del castello di Ventadorn. Uomo di povero lignaggio, figlio di un servitore che lavorava come fornaio per cuocere il pane del castello. Divenne uomo di bell’aspetto e d’ingegno ; seppe ben cantare e poetare, e divenne cortese e istruito…"
Bernart de Ventadorn compone in uno stile " leu e plan " (facile e leggero), canzoni regolate alla perfezione, e sa conciliare " art de trobar " e " art d’amor " nelle quali s’impegna di tutto cuore, con talento e maestria :
" Vi ho messo il corpo e il cuore, la conoscenza e lo spirito …




CEN VEZ MOR LO JORN DE DOLOR


Cen vez mor lo jorn de dolor
e reviu de joi altras cen
ben es mos mals de bel semblan…





Cento volte al giorno muoio di dolore
e altre cento di gioia rivivo
Ben bello è questo male.

SECONDA PARTE: STRUMENTI MUSICALI




Liuto









II notissimo strumento a corde deve le sue origini all'altrettanto noto strumento arabo chiamato ud, significato letterale "legno", etimologia probabilmente connessa con il materiale impiegato nella costruzione della tavola armonica e ovviamente di tutto il corpo dello strumento.
Una delle caratteristiche strutturali di questo strumento è la forma della cassa armonica bombata o a guscio il liuto "è uno strumento formato da un legno concavo sul modello della testuggine, con una apertura situata quasi nel centro e un lungo manico sopra cui sono tese le corde, in maniera regolare dalla parte inferiore proprio sotto l'apertura fino alla parte superiore [del manico]. Il suonatore non solo lo sostiene con la mano sinistra, ma nello stesso tempo con pressione delle dita [sempre della mano sinistra] preme o solleva le corde. Anche l'altra mano sia con le dita che col plettro percuote le stesse corde" e a proposito del suo uso "l'utilizzazione del liuto avviene presso di noi nelle feste, nelle danze, nei banchetti e nei ricevimenti privati



Mandora





È caratterizzato da una forma simile a quella del liuto, ma con dimensioni più ridotte, dal manico e dalla cassa armonica in un unico blocco (più raramente a doghe come il liuto) e dal cavigliere, nella maggior parte dei casi, incurvato a semicerchio (a "falcetto"), frequentemente abbellito con una testina zoomorfa.



Arpa





Sotto questo nome vengono attualmente classificati una serie di cordofoni caratterizzati dalla perpendicolarità del piano di giacenza delle corde con quello della tavola armonica.
L'arpa viene denominata in ambiente colto e teoretico con termini diversi: cythera barbarica prima e poi cythera anglica di forma triangolare; chrotta britanna di origine celtica corrispondente probabilmente ad un arpa quadrangolare sovente raffigurata nelle croci irlandesi del IX secolo.

Il termine harpe, di probabile derivazione germanica indicante l'atto di afferrare le corde con le dita, è abilmente evitato dagli scrittori teorici all'interno dei loro trattati, anche quando è ormai usato in maniera rilevante nelle opere letterarie.

Tornando alla storia dello strumento, l'arpa non fu probabilmente originaria dell'Occidente: l'Irlanda fu uno dei primi paesi ad adottarla e da lì essa si è diffusa sul continente probabilmente grazie ai menestrelli irlandesi
Dal punto di vista strutturale, le arpe differivano grandemente nelle dimensioni. Alcune erano piccole abbastanza da essere trasportate appese a una cinghia, altre invece erano troppo grandi per risultare portatili. Alcune avevano, soltanto sette corde.



la Viella






La viella, gode di grande ammirazione da parte di letterati e teorici del tempo. Strumento regale e versatile rientra, per il suo suono dolce e gradevole, fra gli "onesti" strumenti ammessi nell'educazione delle fanciulle. Grazie al numero di corde, da tre a cinque, e alle differenti accordature, la viella si presta a svariate funzioni divenendo il mezzo privilegiato per l'accompagnamento del canto da parte di trovatori e musicisti sia professionisti sia dilettanti. Un ulteriore funzione è data dall'esecuzione di musica da danza durante passatempi privati o importanti ricevimenti e banchetti: durante la festa nuziale descritta nel Romanzo di Flamenca, opera di un anonimo poeta provenzale della fine del X secolo, ben "duecento giullati, esperti suonatori di viola, s'accordano per disporsi a due a due lungo le panche e accompagnano la danza con la viola, senza sbagliare una nota". Il suo nome è variamente indicato come , viella in latino, viola in provenzale e viuola in italiano.
La viella è costituita da una cassa di risonanza di varia forma, originariamente ovale e successivamente a forma di 8 per facilitare il movimento dell'arco. La cassa è formata da una tavola armonica e da un fondo collegati da una fascia di legno incurvata. Il manico può essere ricavato da un prolungamento della cassa o innestato al corpo principale. Sulla tavola armonica è posto il ponticello sopra il quale sono tese le corde che dalla cordiera raggiungono il cavigliere dove sono collocati i piroli per l'accordatura dello strumento. Il cavigliere può essere a forma di cuore o di disco. La tavola armonica è provvista di due fori a forma di C posti ai lati del ponticello e, negli strumenti di pregiata fattura, di intarsi perimetrali e fori decorativi di varia forma.



il flauto





Il flauto diritto possiede di regola otto fori per le dita: uno per il pollice della mano sinistra e sette fori anteriori, tre per la mano sinistra e quattro per la destra. Tale impostazione della diteggiatura prevede la parziale apertura del foro retrostante per ottenere gli armonici superiori e quindi le note acute dello strumento. Più diffusi invece flauti a sei fori anteriori i quali utilizzano una semplice variazione di pressione del fiato per ottenere l'intera estensione.
La produzione del suono è ottenuta con un sistema simile a quello del fischietto e delle canne d'organo: l'aria in pressione passa attraverso una stretta imboccatura e colpisce di taglio una superficie sottilissima detta linguetta o labium, creando così vibrazioni regolari della colonna d'aria e quindi i suoni. I materiali naturali già pronti per l'uso, o con minimi interventi, sono i preferiti per la costruzione dei flauti. Lo stesso corno di bue, da cui si ricava l'olifante, serve per la costruzione di un flauto diritto dal suono molto delicato; in quest'ultimo caso l'imboccatura è ricavata chiudendo la parte più larga con un tappo di legno o gesso, mentre i fori sono praticati con molta attenzione, data la fragilità del materiale.
Gli ossi lunghi degli animali erano preferiti per la loro lunghezza, per la forma diritta e la facilità di lavorazione; un altro materiale molto usato era la canna di palude, dalla quale potevano essere ricavati sia flauti diritti che traversi, questi ultimi di costruzione ancora più semplice dei primi, essendo costituiti soltanto da un foro che fungeva da imboccatura laterale e sei fori per le dita. L'uso di materiali naturali poneva alcuni limiti: nell'iconografia dell'epoca, infatti, vediamo sempre strumenti di piccole dimensioni, dettate dalla lunghezza utile della canna, della tibia, o del corno da cui ricavare lo strumento. Oggigiorno, col mutare delle esigenze musicali legate all'affermazione dello stile polifonico, prevale la costruzione di flauti diritti e traversi in legno tornito, tecnica che permette l'ampliamento verso il registro grave di entrambi gli strumenti.


cornamusa






La cornamusa è formata da un sacco a tenuta stagna (otre), ottenuto cucendo insieme alcune pelli di animali, sul quale vengono innestati due o più strumenti di legno; il primo, del tutto analogo alla cennamella, è munito di sette fori anteriori per le dita i quali permettono di eseguire la melodia, mentre il restante o i restanti tubi producono un suono fisso detto "bordone". La funzione del sacco, oltre a permettere di far suonare simultaneamente a un solo esecutore melodia e bordone, è principalmente quella di fornire una pressione d'aria costante per mezzo della pressione del braccio sul sacco e svincolata dalla capacità e dalla forza del soffio del suonatore il quale, dopo aver inizialmente riempito completamente il sacco, può limitarsi a ripristinare ogni tanto il livello di pressione; tale accorgimento, che consente di suonare per molto tempo senza stancare eccessivamente l'esecutore, fa della cornamusa lo strumento più adatto per accompagnare le lunghe feste da ballo.




Organo





L'organo è senza dubbio lo strumento musicale più complesso.
la tastiera, a cursori o a tasti, che comanda una serie di valvole sotto pressione, ognuna delle quali è collegata a una canna;
- la camera d'aria a tenuta stagna, detta somiere, nella quale sono collocate le valvole, nonché il gioco di leve e tiranti che collega la tastiera alle valvole, permettendo la loro apertura e chiusura e producendo così i suoni;
- le canne o tubi sonori di legno, piombo o stagno;
- uno o più mantici per l'approvvigionamento dell'aria necessaria alla produzione del suono.

Inizialmente ad uso profano, l'organo assume nel tempo un importante ruolo nelle funzioni religiose divenendo lo strumento privilegiato all'interno delle chiese. Lo sviluppo in ambito liturgico favorisce la sperimentazione e il perfezionamento di nuove tecnologie.
Le dimensioni degli organi vengono adeguate a quelle delle immense cattedrali gotiche: l'organo del monastero di Winchester, costruito dopo la metà del X secolo, era dotato di 400 canne, 2 tastiere e 26 mantici azionati da "settanta forti uomini"; il suono ottenuto era talmente potente che, secondo le testimonianze di un contemporaneo, i fedeli erano costretti a coprirsi "le attonite orecchie con le mani, incapaci di avvicinarsi e di sopportare quel suono.



Ghironda







La Ghironda e' uno strumento musicale a corde di origini antichissime tuttora usato in molti paesi europei per l'esecuzione di musiche delle tradizioni popolari.
Le corde sono poste in vibrazione dallo sfregamento del bordo di una ruota azionata per mezzo di una manovella, il bordo della ruota deve essere cosparso di pece, le corde invece sono fasciate con una minima quantita' di cotone che migliora il suono ed evita allo stesso tempo di consumare eccessivamente le parti in sfregamento.
Le corde vengono azionate da una tastiera i cui tasti scorrono in un'apposita struttura applicata al piano armonico e sono disposti su due file con i colori generalmente invertiti rispetto alla tastiera dell'organo.
L'aspetto piu' difficoltoso dello strumento e' dato dall'azionamento della "trompette", ovvero di una corda non tastata che provoca il tipico ronzio ritmico a seconda del tempo e dalla velocita' del brano eseguito, e che costringe il suonatore a sincronizzare le due mani con movimenti poco naturali e non riscontrabili nell'uso di nessun altro strumento musicale.
La Ghironda si tiene normalmente poggiata sulle gambe del suonatore, ma si puo' suonare anche in piedi.
Secondo la postura adottata una o piu' cinghie fissano lo strumento al corpo.
Per quanto riguarda l'origine della Ghironda, la sua storia inizio' accompagnando il canto gregoriano per divenire poi un tipico arnese di lavoro per menestrelli e mendicanti girovaghi.





Chi sono coloro che fanno in modo che la musica, la poesia viaggi e raggiunga luoghi lontani




Trovatore






Cultori di una poesia d’arte, prezioso frutto di una tecnica sofisticata, i trovatori diedero voce all’amor cortese, cantando gli ideali della cavalleria. Essere cortesi era la quintessenza della nobiltà e il cavaliere era il paladino di un’etichetta che investiva non solo il comportamento ma anche la morale. Nei canzonieri (codici manoscritti contenenti versi e spartiti musicali) sono riportate anche le biografie di alcuni trovatori: si riferiscono a nobili decaduti o a piccoli feudatari, tra cui alcune donne e anche svariati giullari di estrazione popolare.


Giullare






Poeta, musico e attore, libero e girovago, ma anche acrobata, esibitore di animali ammaestrati, danzatore, lottatore, equilibrista e giocoliere. La sua condizione sociale è ambigua, ricercato e blandito con ricchi regali nelle corti, ma considerato con disprezzo dalla cultura clericale, è spesso un personaggio che viveva al margine della società medievale.

Diffonde con il suo operato una cultura popolare in tutti i territori: ha in repertorio canzoni e musiche da ballo, raccoglie e riporta le notizie e le nuove idee, tramanda il ricordo di cavalieri e di personaggi illustri nel racconto di cicli mitologici e delle cronache di eventi storici.


Chierico vagante
Chierico o studente vagabondo che non ha risorse stabili e vive in modo irregolare vagando tra le varie università.

Studenti anticonformisti e indisciplinati forniscono un'ampia documentazione scritta:
poesie erotiche e canti di taverna, componimenti satirici e antipapali




Primaflora, il saggio dalla doppia personalità
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